Il sogno di Padre Ernesto e la nascita di Antoniano
La storia della nascita di AntonianoUna serata di tanto freddo e tante parole
Dicembre 1951. Sarebbe stata ricordata come una serata di tanto freddo e tante parole. La piccola stufa a legna a malapena riscaldava la saletta del convento in cui padre Ernesto aveva riunito confratelli, superiori e alcuni parrocchiani. Per di più faceva molto fumo. Ma si riuscì comunque a vedere oltre, e lontano. Nacque quella sera l’Antoniano, un’opera che aveva più del sogno che del progetto e per la quale non c’erano fondi, ma che l’entusiasmo e la voglia di fare rendevano ormai irrimandabile.
Un sogno che parte da un disegno
L’edificio era stato abbozzato da padre Ernesto su un foglio di carta a quadretti. Poco più di uno scarabocchio, ma si distinguevano bene una cucina con una mensa – a realizzare il sogno di “servire i poveri come in un ristorante” – e, al piano, di sopra un cinema-teatro che, attraverso attività culturali e di intrattenimento, le assicurasse sostegno economico.
L’ingegnere Palazzoli lo tradusse in un autentico progetto, impressionante per le dimensioni dell’edificio e per la cifra a margine: alcune decine di milioni di lire. Fu l’inizio di una serie di rocambolesche avventure per raccogliere i fondi necessari, con i frati sempre pericolosamente in bilico sul filo dei debiti e dei sogni.
La benedizione della prima pietra
La cerimonia di benedizione della prima pietra si tenne il 14 giugno 1953, nell’orto del convento “dopo che la festa di Sant’Antonio aveva tonificato il coraggio dei frati!”, come padre Ernesto annotò qualche anno dopo nel Notiziario, il progenitore di questo stesso giornalino. Il blocco di cemento fu avvolto nel tricolore e benedetto dal ministro provinciale Cornelio Baj. Dopo i discorsi di rito, tra gli applausi, si sparsero nell’aria le note di Chopin registrate su un apparecchio a filo metallico da una pianista quattordicenne. Era Mariele Ventre, che all’Antoniano avrebbe poi legato a doppio filo l’intera vita.
I lavori proseguono per un anno intero
La scavatrice entrò in convento il giorno dopo, il 15 giugno. Padre Ernesto ricordava così le prime settimane di lavoro: “C’era molto scetticismo intorno a questa impresa che padre Berardo e io ci eravamo intestarditi a portare avanti. I nostri confratelli erano preoccupati: “Ci portano via il terreno per i cavoli, ci rovinano l’orto, ci tolgono il posto per le galline e per il mulo…“.
La presentazione dell’edificio
Man mano però che il fabbricato cresceva, tutto si rasserenava. I frati si proponevano come operai, anche i giovani professi temporanei venivano a scaricare giù i mattoni a mano, uno per uno, senza guanti…”. A loro si aggiunsero alcuni frequentatori della mensa, istruiti a un mestiere con cui riuscirono a costruirsi un avvenire. Per padre Ernesto l’impegno più grande non arrivava con l’alba che lo vedeva già trafficare al cantiere, ma con la sera quando – tra le mura della sua camera – provava e riprovava calcoli e conti nella speranza che quadrassero.
Le difficoltà durante l’inverno
L’inverno fu particolarmente duro. La neve cadde copiosa pochi giorni prima che venisse completata la copertura in cemento armato e causò la stasi dei lavori mentre tornavano a farsi gravi le preoccupazioni finanziarie. La speranza però non cedette mai allo sconforto e la provvidenza continuò a manifestarsi puntualmente nel momento decisivo attraverso benefattori. L’edificio in via di completamento venne presentato a sostenitori e amici in occasione della festa di Sant’Antonio del 1954, a un anno esatto dalla posa della prima pietra.
Una realtà che appartiene a tutti
Quattro mesi più tardi, il 10 ottobre, l’inaugurazione ufficiale coincise con le celebrazioni per il cinquantenario della consacrazione della chiesa, “significato tangibile della prosecuzione ininterrotta di opere nella fedeltà allo Spirito”, come padre Ernesto annotò.
Quel pomeriggio il ministro provinciale dei frati minori padre Cornelio Baj stava ancora spazzando la soglia del portone quando giunse il Cardinale Giacomo Lercaro, seguito di lì a poco da parrocchiani, benefattori, autorità cittadine e tante famiglie con bambini.
L’Antoniano era finalmente una realtà, una bella realtà, che apparteneva a tutti. E se oggi Antoniano è una casa che accoglie e che appartiene a tutti è solo grazie a te. Con il tuo aiuto mantieni aperto il portone di Sant’Antonio e doni cibo a chi ha fame.