Il Viaggio in Ucraina

Un viaggio intenso e pieno di significati

Il Viaggio in Ucraina

Un viaggio intenso e pieno di significati
Etjen carica il pulmino

“Sabato mattina siamo partiti insieme a un altro gruppo di Parma per consegnare il carico di beni di prima necessità in Polonia, al confine con l’Ucraina…

Inizia così il racconto di Fra Etjen

Una volta arrivati in Polonia abbiamo incontrato fr. Columbano, che ci ha raccontato un po’ come stanno affrontando loro questa situazione. Attualmente stanno ospitando circa 10 famiglie, lì nell’ostello in cui hanno ospitato anche noi per la notte. Al mattino a colazione abbiamo anche incontrato una famiglia, ma non abbiamo parlato con loro.

Intanto noi eravamo in contatto con fr. Paskalis che ci ha riferito che sarebbe stato lui a venire in Polonia a prendere i beni e portarli in Ucraina, ma avrebbe dovuto fare diversi viaggi. Allora alla fine ci siamo convinti a portarli noi stessi a Leopoli. Certo, un po’ abbiamo rischiato, ma con la buona volontà si fa tutto.

Il viaggio verso l’Ucraina

Fr. Paskalis ci ha confermato che sarebbe stato semplice attraversare la frontiera e che diverse associazioni lo stavano già facendo. Così l’indomani mattina ci siamo incamminati. È stato semplice attraversare il confine.

Per chi porta aiuti umanitari è più facile entrare, i controlli sono meno severi. L’unica difficoltà che si incontra alla frontiera è l’enorme afflusso di gente che cerca di scappare. Questa è una delle cose che ci ha colpito di più: la quantità di persone che cerca di lasciare il Paese. C’erano tantissime mamme che portavano in braccio i propri bambini. Molti uscivano dal Paese a piedi, con le valigie. Insieme a loro c’erano anche tante persone anziane.

Appena superato il confine abbiamo visto delle tende. Credevamo fosse un campo profughi, invece era un posto allestito per offrire un po’ di ristoro alle persone che fuggivano, ad esempio offrendo loro delle bevande calde. Durante il viaggio abbiamo incontrati molti posti di blocco preparati con i sacchi di sabbia e cemento, una situazione proprio da stato di guerra. Non abbiamo incontrato molti militari però. Ne abbiamo incontrati alcuni solo la sera, durante il viaggio di ritorno perché si avvicinava l’ora del coprifuoco che è alle 22:00.

L’arrivo a Leopoli

Arrivati a Leopoli, al Convento di San Giuseppe delle suore Benedettine, ci hanno accolto suor Maria e suor Chiara. Ci hanno raccontato che di solito nel convento risiedono solo quattro suore, è un convento abbastanza nuovo. In questo momento invece ci sono circa altre dieci suore che, a causa della guerra, hanno dovuto lasciare il loro monastero a Žytomyr e si sono rifugiate lì a Leopoli.

Anche qui abbiamo incontrato diverse famiglie ucraine, ma non siamo riusciti a comunicare con loro a causa della lingua. Suor Maria conosceva l’italiano e questo ci ha aiutati molto. Suor Maria e suor Chiara ci hanno anche raccontato che le campane a Leopoli non suonano più, neanche per la messa. Suonano solo per dare l’allarme in caso di bombardamenti sulla città. In realtà è stata creata un’app che fa squillare il cellulare tutte le volte che suona la sirena d’allarme. Ma non tutti sanno usarla. Quindi il sindaco della città ha chiesto alle suore di suonare le campane solo in caso di allarme, così le persone sanno che devono ripararsi.

La paura negli occhi delle persone

La situazione in convento era abbastanza serena, però la paura che da un momento all’altro potesse succedere qualcosa si percepiva, la tensione quasi si toccava. Certo, il convento è un posto più sicuro rispetto ad altri perché si trova dall’altra parte della città, però la paura rimane. Davanti ai bambini cercano anche un po’ di nasconderla, però purtroppo trasmettono molta insicurezza. Si percepisce bene che ci si trova in uno stato di guerra.

Le suore e alcuni bambini ci hanno aiutato a scaricare i pacchi e lì ho percepito anche una cosa bella. I bambini ridevano, giocavano e correvano come se nulla fosse. Alcuni facevano a gara a chi riusciva a trasportare per primo i pacchi dentro il convento. Avevano circa 12 anni ed era bello vedere il sorriso sui loro volti nonostante ciò che accadeva intorno a loro. Nonostante tutto avevano ancora voglia di ridere e di giocare. Da un lato era bello però dall’altro lato era anche triste sapere che si trovavano in quella brutta situazione. Questo mi ha molto colpito.

Le suore ci hanno riservato una bellissima accoglienza, ci hanno anche preparato il pranzo prima di ripartire. Siamo andati via nel pomeriggio per evitare di trovarci in giro durante il coprifuoco. Al ritorno siamo riusciti a passare da un confine più tranquillo e non abbiamo incontrato delle code troppo lunghe.

Un viaggio intenso

È stato un viaggio intenso, ma noi eravamo carichi di energia positiva e di voglia di fare del bene. Eravamo un gruppo molto unito e questo ci ha dato tutta la carica e la forza necessaria per affrontare il viaggio. Anche quando al mattino appena svegli abbiamo scoperto dalla radio che la sera prima c’era stato un bombardamento a Leopoli, nessuno di noi si è tirato indietro, non ci siamo lasciati prendere dalla paura.  Volevamo portare a termine la nostra missione.

Non siamo partiti per fare gli eroi, ma perché avevamo tanta voglia di aiutare. Fra Paskalis ci aveva rassicurato, ci aveva detto che i bombardamenti erano avvenuti dall’altro lato della città rispetto al convento. Quindi ci siamo avventurati, forse anche non pensando troppo al rischio che correvamo. È stata una bella sfida, ma alla fine è andato tutto bene.

I frati ci hanno ringraziato tanto. Appena hanno aperto i pacchi ci hanno scritto e ci hanno detto “ci avete salvato” perché abbiamo consegnato medicine e disinfettanti, che sono le cose di cui al momento hanno più bisogno. Nella prossima spedizione ne porteremo ancora.

Per la prossima volta sarebbe bello organizzarci bene e rimanere qualche giorno in più in Polonia, anche per stare un po’ con le famiglie.