Laboratorio di Arte Terapia – Un’altra strada

L'arte come forma di aiuto ai più fragili

“Una crisi è una cosa terribile da sprecare!”
Paul Romer 

E’ vero, ce ne sono tanti di laboratori migranti. Uno di questi è il laboratorio di arte terapia. Ma di cosa parliamo quando parliamo di quest’attività laboratoriale? Proverò a rispondere semplicemente con una storia, quella di Riccardo.

Vi presento Riccardo

Riccardo ha venticinque anni. È una persona dall’aria mite e garbata. L’ho conosciuto lo scorso mese di novembre: avevamo un appuntamento con le stesse persone, ma arrivammo prima degli altri. Così, nell’attesa, ci mettemmo a parlare. Questo ragazzo aveva molto da raccontare di sé. L’intuii subito. I suoi discorsi rivelavano anche una certa inclinazione all’attività di volontariato.

Il volontariato

Quando gli chiesi se avesse tentato quel tipo di esperienza, lui mi rispose con queste parole: “finora non l’ho mai fatto, ma sarebbe bello lavorare con o per i bisognosi. Per i bambini negli ospedali, ad esempio. Sai, scriverò una tesi su l’arte terapia… è importante portare l’arte a chi sta peggio”. Disse proprio così. Forse fu per quello che io, poco dopo, a fine gennaio, gli parlai dei laboratori di Antoniano e Arte migrante.

L’avvicinamento ad Antoniano

Senza pensarci neanche un po’, Riccardo, per tutta risposta, mi disse testualmente: “Sono già convinto.  Posso essere d’aiuto al laboratorio di arte terapia!”. Dovete sapere, infatti, che proprio in quel mese l’Antoniano, in collaborazione con Arte Migrante, aveva inaugurato questo nuovo laboratorio. Insomma, era la novità della sesta edizione dei laboratori migranti. Un laboratorio importante perché – riprendendo le parole di Tommaso Carturan, coordinatore del laboratorio, – “l’arte terapia è un modo per leggersi dentro, per esprimere sé stesso e la propria interiorità attraverso l’utilizzo di materiali artistici. Ti permette di guardare le cose con una prospettiva differente”. Tenete a mente queste parole perché ne riparleremo più avanti.

Ora, invece, torniamo dal nostro Riccardo. Ebbene, questo ragazzo, come ho detto, aveva intenzione di collaborare al nuovo laboratorio. Si mise perciò subito in contatto con Tommaso. E se il laboratorio, appena avviato, fosse andato avanti regolarmente, avrebbe dovuto cominciare quell’esperienza proprio lo scorso mese di marzo. Ma il laboratorio, invece, si fermò a causa dell’emergenza sanitaria e dell’isolamento sociale che ne seguì.

L’importanza dell’Arte Terapia

Perché allora parlare di lui? Innanzitutto, perché la sua storia può aiutare a capire le finalità e l’importanza dell’arte-terapia. E poi perché questo aspirante volontario ha molte cose in comune con tutti gli altri. Riccardo, infatti, è uno studente universitario, con competenze in pittura e in arte terapia. Come lo sono molti.  Studenti o laureati che mettono al servizio degli altri competenze ed abilità tecniche che stanno sviluppando o che hanno già acquisito attraverso percorsi universitari. C’è chi è esperto informatico, chi parla molto bene le lingue straniere, chi studia al Conservatorio, chi approfondisce didattica e pedagogia, chi s’intende di agricoltura. Anche gli attuali referenti del laboratorio di arte terapia sono, ad esempio, due giovani che stanno completando la loro formazione universitaria all’interno della Scuola di arte terapia di Bologna.

La Storia di Riccardo

Ma, competenze a parte, la cosa più importante è che questi giovani volontari hanno tutti apertura mentale e capacità empatiche. Questo o per una loro naturale propensione o perché, per qualche fatto della vita, si sono ritrovati, almeno una volta, “dall’altra parte”, dalla parte cioè di chi soffre o si sente solo. Qualcosa di simile è capitato anche al nostro Riccardo che viveva nella sua Milano fino a quando un evento drammatico arrivò a sconvolgere la sua spensierata esistenza. Gli capitò, infatti, un gravissimo incidente che lo ridusse in fin di vita. In un attimo, la sua esistenza diventò buia e quasi senza speranza: per parecchie settimane rimase in stato di incoscienza fino a quando iniziò a dare i primi segnali di ripresa. La convalescenza, però, fu molto lunga.

In quel periodo Riccardo non poteva fare a meno di pensare che la sua vita di prima non c’era più. “Ero felice – diceva a sé stesso – fantasticavo sul futuro, ora invece tutto mi è crollato addosso”. Come qualsiasi ragazzo della sua età (non aveva neppure 20 anni!), anche lui aveva speranze e progetti: si era appena iscritto al corso universitario di filosofia ed era convinto che quel nuovo percorso di studi gli avrebbe portato un’infinità di cose belle e, chissà, se fosse stato fortunato, anche qualche nuovo amore. Ma ora, invece, gli restava solo l’impressione che quell’incidente avesse irreparabilmente distrutto la sua vita. “Sarebbe bello poter tornare indietro”, continuava a ripetersi.

Il senso del dolore

Eppure, c’è chi dice, che anche una crisi, un lutto o un trauma possono diventare l’occasione per l’inizio di un’altra vita, a volte migliore di quella già trascorsa. Di certo, però, questo Riccardo non lo sapeva. Spesso, invece, si interrogava sul senso di tutto quel suo dolore. “E’ come se un’onda attraversasse il mio corpo con tutta la sua forza, e si propagasse in ogni direzione, procurandomi altro dolore e sofferenza”. Poi pensava al mondo che c’era dentro e fuori l’ospedale e, allora, si interrogava sulla complessità della vita umana, sul senso della morte, della sofferenza, insomma su tutte quelle cose importanti. Ma benché si sforzasse, non riusciva proprio a trovare risposte convincenti. Si rendeva conto, però, che tutto aveva assunto per lui uno spessore diverso. “Dopo l’incidente – diceva – guardo alla vita con una sensibilità più intensa; è come se mi ritrovassi un cuore nuovo: sento, capisco le sofferenze degli altri e intuisco il dolore che c’è dietro i loro occhi”.  S’era fatto l’idea che la violenza, il dolore, la devastazione della guerra, lasciassero in ogni essere umano ferite profonde. Che trapelavano nei volti e nella sofferenza dello sguardo.

Il difficile ritorno alla normalità

Dopo un po’, però, le cose iniziarono a girare per il verso giusto. Riccardo aveva come la sensazione che qualcosa di nuovo stesse per cominciare. Sentiva che quell’ostacolo, alla fine, si sarebbe trasformato in un’altra strada. Ben presto, infatti, arrivò in suo soccorso un amore che fino a quel momento non aveva proprio previsto. Arrivò, cioè, l’amore per.. l’Arte! Così, non appena si rimise in perfetta salute, decise di intraprendere lo studio delle arti pittoriche e dopo poco prese a dipingere. Sentiva, in cuor suo, di avere tanto da esprimere. “Con la tecnica iperrealistica – diceva – mi piace rappresentare il vero più del vero. L’arte che voglio raffigurare è soprattutto quella degli stati d’animo, quella delle emozioni più intime e nascoste che affiorano dai volti e dagli sguardi delle persone”.  Cosa che ben presto avrebbe fatto.

La riscoperta delle piccole cose

Dopo l’incidente si sentiva colpito nel profondo dal dolore e dalla sofferenza. Ma questo fu solo nella fase iniziale, poi accadde qualcosa. Accadde che cominciò ad osservare il mondo che gli stava attorno e a sviluppare attenzione per le piccole cose della vita, cose comuni o gesti di ogni giorno che però, per la prima volta, gli apparivano in tutta la loro bellezza. “Ho imparato a scorgere ogni dettaglio: le foglie che germogliano, due amanti che si guardano, gli occhi teneri di un bambino, una notte stellata. Ma prima non ne ero capace, tutto è iniziato proprio da là”. Insomma, era come se dopo l’incidente avesse ricevuto occhi nuovi. E quello che ora, inaspettatamente, vedeva e sentiva prendeva forma sulle sue tele. Che perciò riflettevano sì volti sofferenti, emozioni soffocate, sguardi devastati dalla guerra, ma anche e soprattutto il suo incanto per la Vita! Che esprimeva attraverso gli occhi sorridenti e pieni di stupore dei bambini o la bellezza della natura. “Io dipingo ciò che sono, ciò che penso e ciò che provo – diceva – e sono convinto che di fronte ad una crisi l’arte ci possa venire in aiuto. Ci permette di entrare in un altro mondo. In un luogo dove puoi ritrovare te stesso e sollevarti per la ripartenza”.

Adesso, ricordate le parole di Tommaso?

Allora ditemi voi: coltivare la creatività per “lasciare andare” le tensioni del presente o del passato oppure per esprimere noi stessi e il nostro modo di vedere e di sentire non è, forse, proprio la finalità dell’arte terapia e del laboratorio di Antoniano?

Come diventare volontario?

Se sei interessato a diventare volontario, per i laboratori come Riccardo o in altre tipologie di servizi (scopri qui le attività di volontariato attualmente possibili), scrivi a volontari@antoniano.it indicando l’attività che preferisci tra quelle indicate o anche solo per avere maggiori informazioni.